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TECNICHE DI CONIAZIONE |
L'Organizzazione della Zecca |
Non possiamo parlare di monete senza spiegare come queste venissero prodotte in antichità, con che mezzi e con quali tecnologie.
La produzione di monete nella Roma imperiale prevedeva una complessa organizzazione paragonabile alle aziende dei giorni nostri con un rigido sistema organizzativo.
Amorini monetari (?) disegno da un affresco di Pompei, casa dei Vetti
Oggi conosciamo sufficientemente bene quella che doveva essere l'organizzazione di una zecca in epoca imperiale grazie ad alcune precise iscrizioni giunte fino a noi; la più completa fra queste è sicuramente quella sulla zecca di Roma (Celio: CIL VI, 1641).
In epoca repubblicana il controllo delle operazioni della zecca dovevano essere gestite, presumibilmente, dai tre magistrati monetari. In epoca imperiale, probabilmente da Claudio in poi, la zecca era sottoposta all'a rationibus, cioè un Ministro delle Finanze al diretto servizio dell'Imperatore. In seguito, da Nerva-Traiano in poi, il controllo della zecca passò al procurator monetae, funzionario di rango equestre che lavorava all'interno della zecca come supervisore di tutte le operazioni in essa svolte. Ogni zecca doveva avere sicuramente un apparato amministrativo composto da un optio et exactor-auri, argenti et aeris (un liberto imperiale con la funzione di tesoriere e sovrintendente) responsabile delle emissioni, il nummularius (addetto ai cambi), l'optio (il responsabile di ufficio e secondo dell?optio et exactor ), l'officinator (impiegato generico).
In officina, nel reparto di trasformazione del metallo, c?era il flaturarius (addetto alle fusioni), il probator o aequator (addetto alla saggiatura del metallo), il malliator (martellatore), il suppostor (colui che disponeva il tondello da battere), il praepositus mediastinorum (responsabile operai), il mediastinus (operai con mansioni generiche). Non potevano mancare infine il signator (monetiere) e lo scalptor (l'incisore dei conii) in un terzo reparto di officina. Secondo un'altra ipotesi i malleatores e i suppostores non sarebbero stati gli addetti alla coniazione ma rispettivamente addetti alla preparazione dei lingotti e pesatori (Lafaurie 1972), secondo questa ipotesi la battitura sarebbe spettata dunque ai manovali comuni.
Particolare dell?affresco con lo scalptor (a sx) e due flaturarius (dx)
Ciascuna zecca poteva avere più di una officina, indipendente dalle altre, che distingueva le proprie emissioni inserendo sulle incisioni dei conii piccoli particolari (durante l'alto impero) o simboli e sigle proprie (dopo la riforma di Aureliano).
Sotto Augusto alcune emissioni furono prodotte nella zecca centrale che era a Roma (per l'oro e in parte per l'argento) mentre le altre (quelle in bronzo) erano prodotte in zecche decentrate (la zecca di Lugdunum, odierna Lione); così fu per lungo tempo finchè l'imperatore Aureliano, in seguito ad una violenta rivolta degli operai della zecca di Roma (primavera del 271 d.C.), soffocata nel sangue, con un'imponente riforma spostò le emissioni distribuendole sul territorio dell'impero, con l'apertura di numerose nuove zecche.
Con le nuove zecche sparse per tutto l'impero nacque anche un nuovo problema; considerato il fatto che non esistevano i moderni mezzi di comunicazione, gli incisori delle varie officine, come avrebbero potuto fabbricare i propri conii raffigurando il volto dell'imperatore, probabilmente mai visto dal vivo, il più somigliante possibile. Si suppone che un'organizzazione centrale provvedesse ad inviare a ciascuna zecca un ritratto dell'imperatore da utilizzare come modello. E' possibile che alcuni medaglioni di ottima fattura servissero proprio a questo scopo.
Il costo per la fabbricazione dei conii doveva essere piuttosto elevato, ed è probabilmente questo il motivo per cui essi venivano sfruttati al massimo, dando origine molto spesso a monete con una o entrambe le impronte molto basse e per questo definite di conio stanco. Quando un conio non era più sfruttabile, perchè eccessivamente usurato, doveva essere distrutto, ma talvolta poteva essere reimpiegato, ancora per qualche tempo, nelle zecche situate ai confini dell'impero per battere le monete del limes (confine), circolanti esclusivamente in quei territori.
Preparazione del Tondello |
La moneta in epoca imperiale era ottenuta per coniazione, ma prima di spiegare l'operazione di battitura occorre capire come veniva ottenuto il tondello (o flan) di metallo che sarebbe divenuto moneta.
I tondelli erano ottenuti principalmente per fusione utilizzando delle apposite forme, oppure spezzando delle barre di metallo in diverse parti o ancora ritagliandoli da fogli di metallo (ottenuti, questi, sempre per fusione).
Le matrici utili alla fusione dei tondelli erano sempre in materiale refrattario ma di forme e dimensioni spesso molto varie.
Molto importante era il momento della preparazione del metallo fuso che doveva rispettare le quantit? espresse in specifiche ricette, seguite rigidamente dal flaturarius e controllate poi dal probator.
Disegno 1
Nel disegno 1 ) raffigurata una matrice che chiameremo "a vassoio", costituita da diverse impronte circolari, distanziate equamente fra loro ma di uguale dimensione. L'operaio colava, probabilmente con un colino, il metallo fuso in uguale misura nelle singole impronte. Il metallo solidificandosi era pronto per la successiva operazione di battitura. Questo procedimento aveva il vantaggio di non richiedere ulteriori lavorazioni per la preparazione del tondello che risultava qui perfettamente circolare. Lo svantaggio era la necessità di ripetere la colatura del metallo forma per forma con il probabile errore di dosatura della quantità.
Frammento di vassoio refrattario per fusione
Disegno 2
Nel disegno 2 ) raffigurata una matrice simile a quella a "vassoio" ma con la differenza che tutte le impronte circolari sono collegate fra loro da un piccolo canale necessario alla distribuzione equa del metallo fuso da una impronta all'altra.
Questo procedimento aveva il vantaggio di poter colare in un unico punto il metallo, sapendo che questo si sarebbe distribuito tra le forme per via dei canaletti di collegamento, con la certezza che la quantità contenuta in tutti i tondelli sarebbe stata praticamente uguale. Lo svantaggio era che il metallo restava anche nei canali e perciò i tondelli finiti, erano collegati fra loro da una piccola striscia di metallo oggi chiamata "codolo" che l'operaio provvedeva a separare dalla moneta con l'ausilio di tronchesi.
La tranciatura dei codoli, spesso frettolosa, ci permette ancora oggi di individuarne le tracce sulle monete giunte fino a noi, quando questi erano tagliati con largo margine, il lembo in eccesso,oggi denominato "materozza", quando l'operaio esagerava tagliando troppo, il vuoto lasciato sulla forma circolare del tondello definito "mancanza di metallo".
Disegno 3
Nel disegno 3 ) raffigurata una matrice che chiameremo a "grappolo", molto simile alla matrice a "vassoio", con unica differenza, la disposizione delle forme come un grappolo di uva, collegate fra loro ancora da canaletti e da una canale centrale più grande in cui colare il metallo fuso. Vantaggi e svantaggi sono gli stessi elencati per la tecnica a "vassoio" con canaletti di collegamento.
La tecnica dei tondelli ottenuti mediante la fusione in stampi venne sfruttata principalmente per tutto l'alto impero; successivamente si diffuse l'abitudine di ottenere i tondelli spezzando le barre già pesate provenienti direttamente dalle miniere (le tecniche precedenti non furono comunque abbandonate definitivamente), soprattutto per ovviare ai sempre maggiori problemi di ordine interno, che caratterizzarono tutto il periodo dai Gordiani in poi, segnato da continue guerre e successioni.
Le barre sembra che venissero impiegate anche per le zecche "itineranti" che viaggiavano al seguito dell'imperatore quando questi si spostava nei lontani territori dell'impero; quelle in oro invece, erano preparate esclusivamente dalla zecca, dove venivano contrassegnate con diverse contromarche che ne garantissero la purezza.
Le monete che provengono dalla battitura di questo tipo di tondelli, li chiameremo convenzionalmente "di barra", facilmente riconoscibili per la forma non completamente circolare e due lati paralleli, perfettamente rettilinei (Disegno 4).
Disegno 4 - Esempio di una ipotetica barra da coniare
Oltre all'utilizzo delle barre, si diffuse l'uso del ritagliare i tondelli da fogli di metallo, soprattutto durante il basso impero quando lo spessore dei tondelli si ridusse enormemente. Questa tecnica permetteva di colare con una unica operazione il metallo fuso in una singola forma. Successivamente il tondello veniva ritagliato in forme poliedriche e gli spigoli di queste ribattuti per ottenere un tondello il più rotondo possibile.
La Battitura del Tondello |
Come
abbiamo già detto, nel terzo settore dell'officina di zecca, il tondello viene
battuto per diventare finalmente "moneta".
Questo
momento, contrariamente a quanto si possa pensare, richiedeva un'ottima
manualità, nonchè una notevole forza fisica. Gli attrezzi necessari alla
battitura comprendevano:
Disegno 5 - Attrezzi per la coniazione delle monete
Nella
Roma imperiale, i coni erano sempre costituiti da uno fisso (di incudine) e da
uno mobile (di martello).
Fra i due, quello fisso costituiva, di solito, l'impronta in incuso del dritto
(tipo più importante della moneta) mentre, quello mobile, l'impronta del
rovescio.
Probabilmente i coni erano fabbricati in ferro per la battitura dei metalli vili, e in bronzo (talvolta rinforzato da un anello in ferro) per i metalli preziosi, a causa della diversa durezza dei tondelli da battere.
In
base agli studi effettuati su grosse quantità di monete rinvenute negli anni,
risulta chiaro che il conio di martello doveva avere una usura più rapida del
conio di incudine in quanto maggiormente soggetto alle sollecitazioni dei colpi
inferti dalla mazza dell'operaio.
Si è notata perciò la consuetudine delle varie officine di zecca, di produrre
emissioni con identici dritti ma differenti rovesci, a testimonianza della
necessità di sostituire, quando troppo usurato, il conio non più utilizzabile.
E' probabile che ciascuna officina disponesse di più di una coppia di conii la
cui scelta, ad inizio giornata, avveniva secondo una logica oggi difficilmente
interpretabile.
Purtroppo ad oggi, a meno di alcuni esemplari ritenuti strumenti di falsari dell'epoca, non sono mai stati rinvenuti dei conii integri. Questo perchè, come già detto precedentemente, quando un conio era ritenuto usurato talmente da non potere più essere impiegato, doveva essere distrutto.
Disegno 6 ? Esempio di conio mobile
Come si può vedere analizzando il disegno esplicativo n° 6 il conio fisso, doveva essere alloggiato in una apposita sede, forse di forma quadrangolare scavata in un tronco, in modo tale da assorbire parte dell'urto provocato dal martello in fase di battitura e, allo stesso tempo, in modo da non rimanervi conficcato.
Il conio mobile di martello era costituito da una barra di lunghezza tale da consentirne l'impugnatura dell?operaio, con l'estremità superiore destinata a ricevere il colpo diretto della mazza. Il conio poteva costituire un corpo unico con la barra di "martello" oppure poteva esservi avvitata sopra.
Se il tondello da coniare era in metallo nobile (quindi più tenero), probabilmente per ottenere l'impronta con la profondità desiderata era sufficiente un solo colpo di martello; al contrario, nel caso del rame o dell'oricalco, soprattutto per i grandi moduli, si rendevano necessari diversi colpi consecutivi. Ovviamente maggiore era il diametro da coniare, maggiore era la durezza dei metalli, minore era la durata dei conii.
I primi conii utilizzati, per il principio di funzionamento sopra descritto, non consentivano una precisione assoluta dell'orientamento degli assi; l'impronta di dritto e rovescio risultano perciò spesso disallineati di n° gradi rispetto ad un ipotetico asse tracciato sulla mezzeria del dritto della moneta.
Successivamente alla riforma di Nerone, probabilmente venne introdotta una nuova tecnica con lo scopo di eliminare l'errore di orientamento degli assi sulle nuove monete. Questa prevedeva l'uso di un sistema a ganasce simile agli strumenti illustrati nei disegni 7 e 8, dove i conii di incudine e di martello sono legati al rigido movimento di un perno che li obbliga insieme. Ad ogni modo è possibile notare, dall'esame di diverse monete successive a Nerone, che probabilmente il sistema a ganascia non venne costantemente impiegato da tutte le zecche e che quindi il vecchio sistema mobile non venne mai completamente abbandonato.
Disegno 7 - Esempio di conio fisso a ganascia
Disegno 8 - Altro esempio di conio fisso
La nuova tecnica sopperiva al problema dei conii fuori orientamento ma nulla poteva contro il decentramento delle impronte causato dall'errato posizionamento del tondello in fase di battitura.
Lo studio degli orientamenti dei conii, spesso non considerati sui cataloghi d'asta, è importantissimo per aggiungere informazioni sul processo di lavorazione della zecca di origine della moneta e andrebbero quindi sempre annotati insieme alle altre informazioni che accompagnano una moneta.
Errori di Conio |
L'operazione di battitura dei tondelli, lavoro duro e ripetitivo, portava spesso gli addetti a creare errori di conio, giunti comunque fino ad oggi insieme alle monete di buona fattura
Monete Incuse
Fra gli errori di conio o brockage sono comuni gli "incusi", così chiamati per via di uno dei lati della moneta (generalmente il dritto) riportante l'identica impronta del verso opposto ma in incuso e dunque in negativo.
Le
monete incuse, molto frequenti durante la repubblica e meno durante l?impero
per via dei cospicui controlli di qualità all'interno delle zecche, avevano
corso legale come quelle normali.
Questo
tipo di errore aveva origine probabilmente quando, durante l'operazione di
battitura, il tondello appena battuto rimaneva attaccato sotto al conio di
martello e dimenticato dall'operaio (più raramente al conio di incudine);
succedeva allora che un nuovo tondello veniva posizionato sul conio di incudine
per essere battuto e, in seguito al colpo vibrato dal martello, su di esso
rimaneva impressa al dritto l'impronta del conio di incudine (dritto) ed al
rovescio l'impronta della moneta precedentemente dimenticata incollata sotto al
conio di martello e quindi lo stesso dritto in incuso.
Foto 9 - Famiglia Cornelia, denario incuso repubblicano
Un
altro errore dovuto alla sbadataggine dell'operaio è certamente riconoscibile
in quelle monete prodotte con conii danneggiati.
Non
troppo raramente doveva accadere che l'operaio addetto al posizionamento del
tondello (suppostor), si dimenticasse di eseguire il suo compito; di conseguenza
con la battitura dei conii a vuoto si finiva per danneggiare irreparabilmente
uno o entrambi conii (ma generalmente solo quello di martello costruito con un
materiale più tenero), trasferendo parte dell'impronta di uno sull'altro.
E' per questo motivo che talvolta si incontrano monete che riportano, generalmente
al rovescio, anche parte dell'impronta del dritto. Ovviamente, considerato
l'elevato valore di una coppia di conii, questi, anche se danneggiati, non
venivano certamente sostituiti e distrutti nell'immediato per un danno
considerabile trascurabile come questo; perciò è possibile trovare più monete
provenienti dalla stessa coppia di conii con l'identico errore.
Foto 10 - Antoniniano di Postumo con traccia di conio danneggiato al rovescio
Foto 11 - Ingrandimento della traccia sul rovescio causata dal danneggiamento del conio di martello
Foto 12 - Denario di Iulia Maesa con rovescio da conio danneggiato
Assi di conio sfalsati e impronte fuori campo
Fin dal periodo della repubblica la tecnica di coniazione adottata dai romani, prevedeva un sistema di battitura mobile; il conio di incudine era l'unico componente fisso mentre quello di martello, tenuto in mano dall'operaio e battuto con forza da una mazza, difficilmente poteva essere usato con precisione. Analizzando molte monete coniate durante i primi anni dell'impero, potremo osservare che l'asse del dritto difficilmente corrisponderà all'asse del rovescio; questo perchè l'utilizzo di un sistema di battitura mobile non poteva garantire alcuna precisione nel posizionamento dei conii.
E' necessario precisare che probabilmente gli assi di conio (a 0° o 180°) erano programmati anticipatamente in concomitanza con la scelta dei tipi per le varie emissioni. L'asse di conio poteva essere uguale sia per il dritto che per il rovescio (asse a 0° - foto 13) oppure poteva essere opposto (180° - foto 14).
Foto 13 - Assi con orientamento a 0°
Foto 14 ? Assi con orientamento a 180°
Per i motivi sopra elencati però difficilmente si riuscivano ad ottenere monete con asse precisamente a 0° o a 180° e capita sovente di imbattersi in monete con asse definibile sfasato come la moneta in foto (15).
La programmazione degli orientamenti dei conii oggi ci permette di riconoscere fra loro le varie emissioni e per questo motivo l'orientamento degli assi andrebbe sempre considerato in fase di classificazione di una moneta.
Foto 15 - Asse sfasato di 315° rispetto al dritto
Per porre rimedio allo sfasamento degli assi, probabilmente con la riforma di Nerone, fu introdotto il nuovo sistema di conio a ganascia grazie al quale sia il conio di incudine, sia quello di martello, erano ora costretti al rigido movimento su di un perno che li legava. Grazie a questo espediente gli assi potevano essere costantemente a 0° o a 180° e quindi programmati.
Quando dritto e rovescio risultano perfettamente centrati fra loro ed i corrispettivi assi sono perfettamente allineati (anche se risultano rovesciati di 180° l'uno rispetto all'altro), si dice che la moneta presenta gli assi "aggiustati".
Altro errore causato dal disassamento dei conii o dallo spostamento del tondello in fase di battitura era il decentramento dell?impronta di uno o entrambi i lati della moneta. Il sistema di battitura fisso non risolveva questo tipo di inconveniente pertanto è possibile trovare monete con gli assi aggiustati, aventi le impronte (sia al dritto che al rovescio in questo caso) fuori campo.
Foto 16 ? Dupondio di Domiziano impronte leggermente fuori campo
Monete con Doppia Battitura e Ribattute
Talvolta capita di imbattersi in monete dall'impronta anomala, a tratti doppia e sfalsata che sovente ne impedisce la completa lettura. Queste monete sono definite a "doppia battitura" e sono da considerarsi a tutti gli effetti degli errori di conio dovuti allo spostamento del tondello fra il primo colpo di martello ed il o i successivi. La moneta presenterà perciò, sia al dritto che al rovescio, un'impronta doppia che produce un effetto di sdoppiamento dell'immagine. Analoghe sono quelle monete che hanno tale difetto solo su un lato della moneta, dovuto ad esempio allo spostamento del solo conio di martello durante le varie fasi di battitura; sempre della stessa famiglia sono quelle monete che, battute una prima volta, per qualche motivo (salto del tondello) venivano rovesciate e battute una seconda volta, creando monete aventi sia al dritto che al rovescio le medesime impronte sovrapposte.
Foto 17 ? Esempio di errore dovuto ad una doppia battitura sfalsata.
Sono da considerarsi "ribattute" quelle monete che invece venivano riconiate sfruttando nominali molto usurati o comunque fuori corso.
Le monete ribattute, poichè provenienti da operazioni programmate all'interno delle zecche e perciò non dovute ad un casuale errore umano, non devono essere considerate degli errori di conio, sebbene lo potrebbero sembrare.
Il
vantaggio di ribattere vecchie monete poteva essere ad esempio incamerare nel
flusso monetario imperiale quelle monete provenienti da paesi stranieri e con
simili caratteristiche ponderali. In ogni caso, saltare i normali passaggi di
preparazione dei tondelli all'interno delle zecche e procedere direttamente con
l'operazione di battitura, doveva essere un enorme risparmio di tempo.
Ovviamente le monete da riconiare dovevano essere preventivamente scaldate per facilitarne
la battitura.
In genere si ribattevano, oltre ai nominali particolarmente usurati, tutti quelli coniati durante il regno di imperatori particolarmente dispotici e condannati per questo alla dannazione della memoria (damnatio memoriae), oppure nominali dello stesso imperatore vigente con la volontà di apportare i dovuti "aggiornamenti" sulla sua monetazione con nuove legende e titoli.
Le monete ribattute non sono sempre individuabili se non con l'attento esame di un microscopio; in ogni caso lo studio di queste curiosità numismatiche ci è utile per meglio interpretare tutti i passaggi di una singola moneta in uno specchio temporale spesso molto ampio.
Contromarche |
Le contromarche sulle monete imperiali non fanno propriamente parte delle tecniche di coniazione qui argomentate ma credo opportuno inserire qualche commento a riguardo.
La contromarca in epoca imperiale veniva apposta generalmente su tutte le monete coniate precedentemente all'imperatore in carica o talvolta contemporanee allo stesso.
L'operazione per contromarcare una moneta era normalmente eseguita con l'impiego di un punzone riportante inciso un simbolo o un monogramma in incuso. La punzonatura poteva essere fatta direttamente a freddo oppure (più comunemente) pre-riscaldando la moneta e, probabilmente, tale mansione era ricoperta principalmente da soldati stanziati nei vari angoli dell'impero o da banchieri ambulanti.
I
motivi per cui si contromarcavano le monete dovevano essere numerosi. Fra
questi sicuramente doveva essere la volontà dei soldati o dei generali sotto al
comando dell'imperatore appena acclamato, di far dimenticare in tempi brevi il
volto dell'imperatore uscente. Allo stesso tempo la contromarca era un modo
rapido per produrre moneta a nome del nuovo imperatore essendo sprovvisti di
una zecca dedicata. Altro motivo era la volontà di rendere legali quelle
emissioni che nascevano ai confini dell'impero, talvolta sotto forma di
imitazioni delle emissioni ufficiali, che altrimenti non avrebbero potuto
circolare insieme alle monete coniate dalla zecca centrale.
Altre
volte le contromarche servivano per ridare corso legale a quelle monete coniate
precedentemente e ormai fortemente usurate, che altrimenti avrebbero dovuto
essere ritirate e fuse; oppure si contromarcavano monete di zecca provinciale
al fine di permetterne la circolazione insieme alle monete di zecca imperiale.
Foto 18 - Asse di Galigola con contromarca TI.C.A (TIberius Claudius Augustus)
Foto 19 - Sesterzio di Nerone con contromarca legionaria ?IX per Legio Gemina
Foto 20 - Sesterzio di Claudio I declassificato a Dupondio con contromarca DV
I Metalli impiegati |
Durante tutto l'impero romano, il metallo che ebbe maggiore importanza ed al quale Augusto, con la sua riforma, aveva affidato tutto il sistema monetario romano fu l'argento. Fino alla fine dell'impero infatti, anche quando il denario era scomparso da diverso tempo, questo continuò ad essere l'unità di riferimento in tutti i conteggi fiscali.
In principio l'argento doveva essere facilmente reperibile ma con il tempo, sia a causa dell?impoverimento delle miniere argentifere, sia per il crescente fenomeno di tesaurizzazione del metallo nobile, questo provocò una inarrestabile inflazione che portò presto all'impiego di misture meno nobili (in percentuale argento e rame) fino alla totale scomparsa di argento dai nominali. Con questo metallo furono coniati i denari ed i suoi sottomultipli, gli antoniniani e gli argentei.
Al contrario l'oro, ampiamente utilizzato da Augusto in poi per la coniazione dell'aureo con i suoi multipli e sottomultipli e, successivamente del solido (da Costantino I), si mantenne più stabile con un peso quasi invariato per un periodo di circa un secolo da Nerone a Caracalla. La percentuale di fino rimase sempre molto vicina al 99%.
Fra i metalli vili utilizzati dai romani per la coniazione delle loro monete, il più povero era certamente il rame, usato per gli assi, semissi e quadranti.
Per la coniazione dei sesterzi e dupondi venne scelto invece l'oricalco, una particolare lega di rame e zinco con l?aspetto finale molto vicino a quello dell'oro, capace di dare un certo lustro alla moneta più "popolare" dell'impero.