Sebbene uno stemma araldico possa essere costituito dal solo scudo, storicamente intorno allo scudo stesso si sono sviluppati una serie di “ornamenti” (elmi, cimieri, svolazzi, corone, collari di ordini cavallereschi, insegne di dignità...) che -- sebbene di uso facoltativo e, tutto sommato, marginale -- rivestono un ruolo importante nel distinguere l’appartenenza di un’insegna anonima. Infatti la presenza di un cimiero, o di un’insegna cavalleresca, o di una mitria, sono spesso di grandissimo aiuto (e spesso risultano essere anzi indispensabili) nell’assegnare un certo stemma araldico a questo piuttosto che a quell’individuo. Molti manuali sono stati scritti intorno a questo aspetto dell’araldica. In effetti, concordemente con M. Pastoreau, riteniamo questo aspetto abbastanza secondario: le regole (e ve ne furono!) inerenti l’uso di questi ornamenti non sono state applicate quasi mai. Del resto, anche il regolamento interno della Consulta Araldica italiana afferma che un elmo portato in un certo modo non può essere indice sicuro di dignità o di nobiltàṄon possiamo, però, passare sotto silenzio questo aspetto, visto che di frequente capita di osservare stemmi araldici dotati di corone, elmi, mitrie (in termine tecnico si dicono timbrature) e chiedersi conseguentemente il perché. Esaminiamo, dunque, uno alla volta i vari ornamenti esteriori, cominciando dalle timbrature e proseguendo con gli altri ornamenti.
Il termine timbratura indica propriamente la sommità di un elmo, ma in araldica passa ad indicare tutti quelli ornamenti che sormontano lo scudo, e cioè: elmi, cimieri, corone, lambrecchini, tiare, mitrie, cappelli...Uno scudo che fa uso di simili elementi, si dice timbrato. Gli altri ornamenti sono manti, motti (grida d’arme, divise, sentenze), tenenti, supporti...