L’araldica propria degli ordini cavallereschi e dei nobili fu ben presto imitata dalla chiesa, non certo con intenti “guerreschi”, però, tanto che sembra errato adoperare per gli ecclesiastici il termine “scudo” o “arme” proprio della terminologia araldica, anche per ricordare che ai religiosi è da sempre proibito l’esercizio e l’uso delle armi. Tuttavia, gli ecclesiastici in possesso di uno stemma di famiglia non hanno mai esitato a farne uso, anche nel caso in cui -- tutt’altro che raro, ovviamente -- questo non aveva alcun significato religioso e le figure poste sopra di esso alludevano al mondo secolare piuttosto che a pie realtà celesti.
Già in periodo prearaldico anche gli enti ecclesiastici possedevano dei segni distintivi, tanto che, con l’affermazione dell’araldica verso il XII secolo, questi assunsero i colori e la terminologia propria dell’arte del blasone.
Le prime armi ecclesiastiche risultavano essere composte dallo scudo timbrato dalla mitria con le infule svolazzanti; solo con il passare del tempo si consolidò l’uso del galero. Se l’uso di questi elementi propri dell’araldica ecclesiastica risale al Medio Evo, solo poco a poco si affermarono nell’uso comune. In effetti, ancora nel XIV-XV secolo, non era raro vedere un ecclesiastico che cimava il proprio scudo con un elmo, magari dotato di cimiero.