Anche gli ecclesiastici possono fare uso di uno scudo araldico, ma non lo timbrano né con un elmo, né con cimiero, né, oggigiorno, con una corona1 . Esistono tuttavia degli ornamenti particolari che esamineremo fra breve.
La Consulta Araldica Italiana consente agli ecclesiastici l’uso delle insegne caratteristiche della loro dignità. A questo principio -- con distinzioni più o meno evidenti -- si rifanno anche tutti gli altri Stati Esteri, tranne, per certi versi, l’Inghilterra, che non riconosce automaticamente gli stemmi concessi dalla Santa Sede2 .
L’Istruzione sugli abiti, i titoli e gli stemmi dei Cardinali, dei Vescovi e dei Prelati (Città del Vaticano, 31 marzo 1969), all’art. 28 delibera: è consentito l’uso dello stemma da parte dei Cardinali e dei Vescovi. Lo scudo dello stemma dovrà tenere conto delle regole dell’araldica ed essere semplice e leggibile. Si sopprime nello stemma la riproduzione del pastorale e della mitria.
Da questo passo si rilevano essenzialmente tre elementi interessanti per il nostro studio:
Per un ecclesiastico, oggi, l’uso di uno stemma deve essere essenzialmente un simbolo, una figura allegorica del messaggio del suo ministero, messaggio che oggi è reso ancora più evidente grazie al fatto che la maggior parte dei sacerdoti (dal più umile parroco al Papa) non sono in possesso di uno stemma gentilizio di famiglia, ma lo disegnano ex novo allorché ricevono la nomina ad una dignità più elevata di semplice sacerdote. I vescovi di nuova nomina, se non hanno uno stemma personale, vengono invitati a scegliere e a disegnarne uno completamente nuovo.
Quando si parla di araldica ecclesiastica, ci si riferisce di solito all’araldica in uso nella chiesa cattolica. Noi faremo riferimento soprattutto a quest’ultima, senza dimenticare, in capitoli appositi, l’araldica della chiesa anglicana (cfr.4.5.4).