3.3.8 Figurativi

3.3.8 Figurativi

Illustrano storie o cronache. Contengono spesso stemmi immaginari, come quelli relativi ai Cavalieri della Tavola Rotonda o ai re sassoni. Si giunse però anche a eccessi che sconfinano nel ridicolo, attribuendo ad alcuni personaggi “storici” o comunque “famosi” degli stemmi che mai avrebbero potuto portare, essendo l’araldica una disciplina di molto successiva alla loro morte. Alcuni esempi che valgono per tutti. Alcuni araldisti vollero dare anche a Nostro Signore Gesù Cristo uno scudo, raffigurante gli strumenti della Passione; altri attribuirono degli stemmi anche ai Dodici Apostoli, basandosi sui vari racconti che di loro si fanno nel Vangelo, oppure sui loro tradizionali parafernali, oppure ancora sugli strumenti del loro martirio. Ad esempio nello “stemma” di S. Pietro si vedono due chiavi incrociate, in quello di S. Matteo una borsa, in ricordo del suo mestiere di esattore; le insegne di S. Giacomo Maggiore accolgono invece tre conchiglie, simbolo del pellegrino.
Nel libro di Sylvanus Morgan (The Sphere of Gentry, cit., 1661), si afferma molto seriamente che Adamo portava uno scudo rosso (fig.1.4.3.b), mentre Eva uno stemma argento (fig.1.4.3.c). Successivamente alla creazione della donna, Adamo sul suo scudo avrebbe portato un altro scudo in cuore (inescutcheon, in inglese) con le armi di Eva, perché quest’ultima era la sua erede universale (fig.1.4.3.d) (cfr. per questo uso la Parte 6).

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Figura 3.6: Scudi di Adamo ed Eva.

Leggiamo anche, più oltre, che, dopo la caduta, Adamo portò sullo stemma una ghirlanda di foglie di fico, e che Abele -- nel suo scudo -- inquartò lo scudo paterno con una mela verde in ricordo di sua madre.
Un altro esempio di simili eccessi lo troviamo in Gerard Leigh (Accedence of Armorie, cit., 1562), il quale insegna che le armi di Alessandro Magno furono: di rosso, al leone d’oro seduto su un trono reggente un’ascia argento.
Questi esempi sono stati tratti da J. Parker (cit., passim).
Per quanto riguarda, invece, gli stemmi dei Cavalieri della Tavola Rotonda, si deve far riferimento alla cosiddetta araldica arturiana, fiorita sui racconti del XII-XIII secolo, quando gli scrittori, vista l’enorme popolarità di queste storie, pensarono bene di dotare ogni cavaliere della Tavola Rotonda e re Artù di uno stemma, così come si conveniva ad un nobile e coraggioso cavaliere, anche per rendere più immediata l’identificazione di questo o quel personaggio nelle immagini, nei dipinti e nelle miniature. Così, fin dal tardo XIII secolo, fu completato almeno un insieme fisso e stabile di circa 30 stemmi, riportati da Brault (Early Blazon, Oxford, 1972). Noi, e solo per curiosità, ne riportiamo due.

Tristano:
di verde, al leone d’oro armato e lampassato di rosso. Cimiero: una testa di leone d’oro; Tenenti: due leoni oro. Motto: C’est pour Yseut = Per Isotta, in ricordo del ciclo di racconti basato, appunto, sull’amore e le avventure di Tristano e Isotta.
Lancillotto:
d’argento, a tre bande di rosso. Cimiero: un falcone d’oro; Tenenti: due selvaggi al naturale. Motto: Du lac ma Dame = Dal lago, la mia Signora; in ricordo dei racconti che vedono protagonisti Lancillotto e la Dama del Lago.

Lo sviluppo dell’araldica arturiana ebbe un momento di stasi durante il XIV secolo, per riprendere prepotentemente intorno al XV sec., soprattutto in Francia, dove possiamo trovare già dal 1440 una serie di stemmi di cavalieri della Tavola Rotonda. Pastoreau (Armorial des chevaliers de la Table Ronde, Parigi, 1983; Le Léopard d’Or) ne riporta 74 serie distinte, usate come riferimento da vari illustratori delle storie di Lancillotto e Tristano, probabilmente derivate da un originale comune, perduto, del XIII secolo.
Pastoreau (cit.) riporta 178 nomi di cavalieri, ognuno presente con uno stemma, un motto, un cimiero. Mancano tuttavia personaggi importanti come (uno fra tutti) il Mago Merlino.