Altre fonti e altri documenti possono essere, ad esempio, la pittura (sicuramente
la più importante, in quanto raffigura stemmi colorati), le mattonelle
(ad esempio nell’Abbazia di Westminster a Londra si conservano nella
sala del Capitolo mattonelle medioevali che raffigurano i leopardi dei
Plantageneti), ma anche i riferimenti che alcuni scrittori fanno nelle loro
opere.
Ricordiamo, per essere più chiari, che Dante nella Divina Commedia fa esplicito
riferimento a diversi stemmi araldici di numerosi suoi contemporanei,
indicando nella maggior parte di casi direttamente lo stemma piuttosto che
scrivere il cognome, indice che cognome e stemma erano direttamente
correlati.
Ecco alcuni passi della Divina Commedia in cui Dante si veste da araldista.
E com’io riguardando tra lor vegno,
in una borsa gialla vidi azzurro
che d’un leone avea faccia e contegno.
Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
vidineun’altra come sangue rossa,
mostrando oca bianca più che burro.
E un che d’una scrofa azzurra e grossa
segnato avea lo suo sacchetto bianco...
Inf. XVII, 58-65. Il leone azzurro in campo giallo (oro) era lo stemma dei Gianfigliazzi, l’oca bianca (argento) in campo rosso quella degli Obriachi, la scrofa azzurra in campo bianco era lo stemma degli Scrovegni di Padova.
Vegna il cavalier sovrano,
che recherà la tasca coi tre becchi!
Inf. XVII, 72-73. Gianni Buiamonte della famiglia dei Becchi aveva per stemma tre becchi (caproni) in campo d’oro.
La terra che fe’ già la lunga prova
e di Franceschi sanguinoso mucchio,
sotto le branche verdi si ritrova.
Inf. XXVII, 43-45. Le branche verdi (zampe di leone verdi) [in campo d’oro] sono quelle dello stemma degli Ordelaffi.
Grand’era già la colonna del Vaio
Parad. XVI, 103. La famiglia dei Pigli portava uno scudo di rosso al palo di vaio.
e le palle dell’oro
fiorìan Fiorenza in tutti suoi gran fatti.
Parad. XVI, 110-111. Si riferisce alle palle d’oro in campo azzurro, stemma dei Lamberti, famiglia ghibellina che ebbe gran parte nella vita politica e nelle imprese militari del comune fino alla battaglia di Montaperti.
Ciascun che della bella insegna porta
del gran barone il cui nome e l cui pregio
la festa di Tommaso riconforta,
da esso ebbe milizia e privilegio;
avvegna che con popol si rauni
oggi colui che la fascia col fregio
Parad. XVI, 127-132. La bella insegna è quella di Ugo il Grande, marchese di Toscana, morto nel 1001 il giorno di S. Tommaso apostolo. Milizia e privilegio stanno per la dignità cavalleresca e il privilegio di inserire nel proprio stemma quello del “gran barone”. “Colui che la fascia col fregio” sembra un riferimento a Giano della Bella, che portava sull’insegna di Ugo il Grande una fascia araldica d’oro.