È la seconda (ed ultima) pelliccia usata in araldica, insieme con le sue varianti. Il vaio deriva da uno scoiattolo siberiano, la cui pelliccia è bianca nella parte ventrale, e di una sfumatura blu-grigia sul dorso. Queste pellicce venivano utilizzate alternate una accanto all’altra, in modo da disegnare uno schema “a scacchi” bianco e azzurro. In seguito questo uso venne codificato dagli araldisti, che indicarono ed indicano tuttora il vaio con delle campanelle azzurre su un fondo bianco.
Figura 7.18: | Vaio o Vajo. |
Fra gli araldisti inglesi, francesi e fiamminghi, c’è la tradizione di indicare con tre nomi diversi i tipi di vaio a seconda della dimensione delle campanelle e del numero di linee che esse formano. Avremo così in ordine di grandezza delle campanelle (dalla più grande alla più piccola):
Un altro tipo di vaio è il controvaio, in cui le campanelle azzurre sono contrapposte ad altre campanelle azzurre, riunite per la base.
Figura 7.19: | Controvaio. |
Meno usati, ma comunque presenti in araldica sono:
Figura 7.20: | Vaio in punta (vair en pointe - Fr. e Ingl.) |
Figura 7.21: | Vaio in palo. |
Figura 7.22: | Vaio di quattro. |
Rarissimo, formato da campanelle di quattro colori.
Altre forme di vaio, che non utilizzano i colori argento e azzurro, sono dette vaiate (es. vaiato d’argento e di rosso). Il vaio può anche ricoprire una pezza araldica o -- più raramente -- una figura. Tale pezza o figura verrà detta vaiata. Riguardo il vaio, c’è una curiosità che può essere interessante per chi ama le favole. La fiaba di Cenerentola narra di una fanciulla con una scarpetta di vetro o cristallo. Questa storia proviene dalla Francia, dove nella versione originale la scarpetta appare ricoperta di una pelliccia Ħużdi vaioĦ/uż. Un errore di scrittura portò vairé (di vaio) a divenire verré (di vetro), errore poi propagato in tutti le successive edizioni della fiaba di Cenerentola che si trovò a vestire una scomodissima pianella di vetro invece di una calda scarpina di pelliccia. (Cfr. per questa notizia J. Parker, “A glossary...”, cit.).